L’ingrandimento del particolare è l’esatto contrario della cancellazione (che cela ciò ch’è sotto). Esso amplia all’infinto quanto era già riconoscibile, facendogli perdere la propria iniziale identità. Allora il “particolare ingrandito” diventa altro da sé, e della sua entità e diversità si fa garante la didascalia. Ma tra segno iconico e parole non c’è più alcuna dipendenza, poiché le parole non affermano e neppure negano l’evidenza del segno iconico. La loro totale o parziale autonomia non genera solo spiazzamenti, ma anche giochi di falsità o di contagio. Ciò che appare subito riconoscibile, dichiarato dalla didascalia, in realtà non lo è; e ciò che risulta irriconoscibile, dichiarato dalla presenza di un determinato segno iconico, suscita più credibilità. Sono i paradossi della falsità e del contagio. Ma chi può garantire che il meccanismo di lettura sia proprio questo?
Italo Mussa, testo critico in “Emilio Isgrò”, catalogo della mostra personale, Galleria Lastaria, Roma, 1977.