L'artista va al cuore del sistema, in quanto la sua gigantesca opera, quasi un «libro» contabile (a vederlo ci si sente lillipuziani, date le misure, quattro metri per tre), verrà collocata in Bocconi, Università dell'economia e della cultura che da due anni si è aperta all'arte, destinando all'interno del nuovo edificio un vasto spazio che accoglie sculture e installazioni. Sulla pagina di quel grande giornale (una rielaborazione di fantasia di una del «Sole 24 Ore»), diagrammi, curve e numeri scompaiono alla vista, anche se restano sottotraccia. Come quella miriade di zeri. Zero che esercita grande potere di fascinazione su Isgrò. «Non è arbitrario, sul piano concettuale, accostare la cancellatura allo zero. Voglio esasperare l'idea di un debito pubblico che cresce ogni giorno di più, ormai quasi imprendibile», afferma. «La cancellatura accostata alla parola risparmiata, ne accresce il peso e la sostanza, come un relitto umano scampato al naufragio in un mare di righe nere. Significa che la cancellatura è una forza aggregante e positiva, non distruttiva, che farà da stimolo ai giovani di questa Università. Ma il debito trattato nella mia opera non è semplicemente quello economico, è anche quello che ognuno di noi ha in primo luogo con se stesso e con gli altri, siamo tutti reciproci debitori di lealtà nel contesto del vivere civile». (…)
La chiave di volta è stata una battuta che Isgrò ha scambiato con l'amico collezionista Andrea Manzitti (che con la moglie Cristina Jucker donerà l'opera alla Bocconi, proprio in questi giorni in fase d'installazione, verrà inaugurata ufficialmente il 15 maggio): «quasi quasi cancello il debito pubblico...».
Francesca Pini, Isgrò: “Così cancello il nostro debito pubblico”, “Corriere della Sera”, 14 marzo 2011, p.11.