Colui che Sono

Colui che Sono, 2020

Installazione per 4 elementi

Acrilico su tela di lino su tavola

CM 89,5 x 68 cad. 

Palazzo del Quirinale, Sala degli Ambasciatori

Foto Massimo Listri. Su concessione del Segretariato Generale della Presidenza della Repubblica

 

Quando ebbi l’invito di partecipazione a Quirinale contemporaneo tirava un’aria pesante in Italia. Giorni di antisemitismo esasperato, con oscure minacce lanciate a tanti nostri concittadini solo perché erano ebrei. Mi colpì, in particolare, la ferocia riservata alla senatrice Liliana Segre, una donna coraggiosa che, battendosi per gli ebrei, in pratica difendeva la dignità di tutti gli italiani immuni dal morbo razzista. Questo, oltre tutto, in un paese che non ha mai fatto i conti fino in fondo con il suo passato peggiore. Decisi di “cancellare” le leggi razziali varate dal fascismo nel 1938, assumendomi abusivamente il privilegio simbolico di sanare, nel segno dell’arte, il torto che avevano subìto i nostri fratelli perseguitati dopo aver portato un contributo decisivo, fin dal Risorgimento, alla formazione e alla crescita dell’Italia moderna. Per questo ho deliberatamente evitato i toni pietistici o risarcitivi, come già avevo fatto, anni fa, con l’opera Le api della Torah e con la custodia dei rotoli della Legge disegnata per la sinagoga di Livorno, dove raffigurai gli ebrei come api operose che raccolgono il polline di fiore in fiore, di cultura in cultura (ieri le culture e i fiori del Mediterraneo, oggi i fiori del mondo intero), per trasportarlo di paese in paese. Fino al fiore più prezioso: il Dio unico delle tre religioni monoteiste.  Anche questa volta, con le cancellature eseguite in un rosso liberatorio, ho preferito dare dei nostri “fratelli maggiori” (come li definì Giovanni Paolo II) un’immagine quasi gioiosa, anzi gloriosa. Mi sono ricordato del Pentateuco, là dove Dio dichiara a Mosè di chiamarsi “Colui che Sono”, forse per significare che ciò che non ha nome è infinito. Come l’amore. Ma non poteva bastare, poiché, rileggendo quelle leggi infami, mi sono accorto che il testo originale della Gazzetta Ufficiale (“È ebreo colui che è nato di madre ebrea”) poteva diventare per via di cancellazione un più icastico, perentorio: “È ebreo colui che è”, appaiandosi automaticamente al “Colui che sono” pronunciato da Yahweh sul Sinai, secondo una linea di contiguità con il Dio unico che giustifica il titolo di “fratelli maggiori” tributato da papa Wojtyla.

Se Benedetto Croce sentì il bisogno di scrivere un saggio per domandarsi “perché non possiamo non dirci cristiani”, a questo punto, forse, dobbiamo scriverne un altro per domandarci “perché non possiamo non dirci ebrei”

Emilio Isgrò, 2020

 

Nei saloni del Quirinale è esposta da alcuni mesi– insieme ad altre pregevoli realizzazioni artistiche contemporanee – un’opera del maestro Emilio Isgrò, dal titolo “Colui che sono”. Isgrò vi ha cancellato a una a una le parole contenute negli articoli delle famigerate leggi razziali italiane del 1938. Quelle cancellature non rappresentano una rimozione, tutt’altro. Le pagine di quel provvedimento infame e infamante rimangono infatti ben visibili, sia pure sotto fitti tratti di penna.

Presidente Sergio Mattarella, Giornata della Memoria 2021

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