Riconosco nel “rosso vestito di rosso” di Isgrò, nelle persone (non personaggi) che le sue didascalie nominano, in Lenin che alza il pugno, in Rosa Luxemburg che passeggia, in Dolores Ibarrurri che è ferma, in Trotskij che contrattacca, in Fidel Castro che sale, in Mao Tse-tung che dorme, in Che Guevara che cade, in Allende che parla, in Engels che scrive, in Marx che fuma, riconosco anzitutto una epopea – voi sapete qual è. (…)
Che Isgrò non mi faccia vedere quasi nulla perché nulla rappresenta è a misura della sua viva consapevolezza che la modernità ha abbandonato l’universo della rappresentazione lasciandosi dietro solo i simulacri, e inoltre che il primato del visivo va assolutamente rovesciato.
Tommaso Trini, dall’introduzione alla cartella “Storie Rosse”, Studio Soldano, Milano, 1974.