a cura di Marco Bazzini e Bruno Corà
12 dicembre 2021 - 2 maggio 2022
La mostra presenta una ventina di opere a tema dantesco provenienti da collezioni pubbliche e private che, dal 1966 ai lavori più recenti, raccontano sinteticamente il multiforme e profondo rapporto che Emilio Isgrò ha avuto con la cancellatura, che in questa occasione si è concentrata sul “De vulgari eloquentia” di Dante.
Negli oltre cinquant’anni della sua attività artistica, Isgrò ha sempre avuto un corpo a corpo con l’opera dantesca. Per chi nasce poeta non poteva essere altrimenti. Fin da quando ha iniziato a cancellare parole e figure su materiali a stampa, la figura e i testi del sommo poeta sono stati oggetto di una sua riflessione nonché di una salvifica copertura attraverso la cancellatura, ormai riconosciuta a tutti gli effetti come l’originale linguaggio artistico a cui ha dato vita e che lo ha reso famoso uno degli artisti più importanti a livello internazionale. Quasi Isgrò volesse dar prova reale, per parodiare le stesse parole di Dante scritte nel XIII canto del Paradiso, “che sol per cancellare” si scrive o si disegna.
Le prime opere dedicate all’autore della Divina Commedia risalgono alla metà degli anni sessanta del secolo scorso e proprio al grande capolavoro sono dedicate. A questa seguono molti altri tomi cancellati nei più diversi anni, alcuni anche “dipinti” con il colore bianco come quelli dedicati al Paradiso nei primi anni ottanta, fino ad arrivare al grande monumento realizzato per la IULM di Milano. Lo stesso Dante è stato soggetto di numerosi lavori tra cui quello di poesia visiva in cui si legge che “Dante and Beatryce never meet”, quasi un’anticipazione del concettuale per la carica tautologica che esprime. Ad accompagnare la scritta sono linee e frecce disposte in parallelo. Oppure, Isgrò di Dante ha ripreso il ritratto a figura intera “nascondendolo” sotto una griglia di cancellature nere o bianche, come nelle grandi tele realizzate negli ultimi anni. Stessa sorte è toccata ad Alessandro Manzoni e a molti altri (Galileo Galilei, Giacomo Puccini, Giotto, ecc.) a dimostrazione di come Isgrò si sia sempre confrontato con la cultura alta di tutti i secoli rendendola però comprensibile al più vasto pubblico attraverso il linguaggio rivoluzionario e penetrante della cancellatura. Potremmo dire che quanto Dante ha fatto con la lingua, trasformarla in qualcosa che permetteva di parlare di tutto, Isgrò ha fatto con la cancellatura: infatti, ora questa permette di dire molte più cose di quanto normalmente si pensi.