In fondo le parole sono troppe, vanno ridotte altrimenti si elidono a vicenda. Isolare una sola virgola (comma) dall’Amleto di Shakespeare non è una provocazione, vuole dare un valore simbolico ad un segno di interpunzione, ad un collegamento tra due frasi mancanti che vanno immaginate oppure solo ricordate. Il piacere del testo sta proprio nel completamento, nell’immaginarlo modificato. Oltre a cancellare Isgrò cerca di estrapolare dettagli, particolari o vela le immagini creando una nebbia mentale da cui far riaffiorare una nuova immagine. Queste tecniche servono ad amplificare il testo, non a negarlo, a creare contraddizioni e nuove significazioni. In ogni caso la responsabilità della scelta finale resta al lettore – spettatore che si misura con quanto sa, con il proprio sapere. L’artista diventa un catalizzatore, fa partire un processo che in Isgrò si formalizza come opere a se stanti, mentre in altri artisti diventa solo il primo passo di un processo documentario.
Valerio Dehò, Quel che resta dei segni, in “Semi e cancellature”, catalogo della mostra personale, Treviso, Ca’ dei Ricchi, TRA, 2014, pp.10-11.