Le cancellature servono certo a provocare un’assenza e a metter in moto i meccanismi cerebrali del fruitore, che vorrà sempre sapere “cosa c’è sotto”. Ma allo stesso tempo (e questa funzione è molto più importante) sono un preciso, inequivocabile segno linguistico. Non tanto un vuoto da riempire, dunque; quanto una presenza, un pieno compatto, che sollecita e contemporaneamente rifiuta ogni proiezione da parte del lettore. Ma che cosa ci stanno a fare le poche parole superstiti sulla pagina cancellata? Certo, il lettore nostalgico potrà degustarle e centellinarle con calma; nessuno glielo impedisce. Ma esse non vogliono essere degustate e centellinate: hanno soltanto la funzione di segnalare il percorso mentale che guiderà il lettore attraverso i campi di cancellature. Sono corsie, piste.
Emilio Isgrò, La poesia è facile farla e appartiene al popolo, in “Enciclopedia Treccani cancellata da Isgrò”, catalogo della mostra personale, Galleria Schwarz, Milano, 1971.